martedì 26 aprile 2011

Una storia di liberazione

Lo so, lo so che uno dovrebbe sfruttare le vacanze di pasqua per studiare a palla quella benedetta anatomia rimandata continuamente... Però quest'anno c'era anche il 25 Aprile.
Vorrei raccontare una storia di liberazione, di quelle che magari non finiranno mai nei libri di storia, ma che testimoniano l'ordinaria follia e l'ordinario coraggio tipici di ogni guerra.
Nel 1945 la mia tata (che non è da leggersi babysitter, ma amica di famiglia, che ha cresciuto mia mamma e mio zio, me e le mie cugine, continuando a lavorare, anche oggi che ha più di 80 anni, come fisioterapista... tata nella Livorno da cui proviene significa sorella, quindi, è un po' in questo senso che va letta la parola tata)... La mia tata aveva 20 anni, più o meno.
Era stata sfollata in montagna, non ricordo quale montagna della Toscana, poco tempo dopo l'inizio della guerra, insieme alle sue colleghe e ai bambini di cui si occupavano nel sanatorio per figli di tubercolotici, dove aveva lavorato la sua mamma, dove suo fratello aveva passato praticamente tutta l'infanzia.
Adesso le cose erano ''cambiate'': la mamma era da qualche parte a Livorno, il fratello era stato in Marina, poi aveva disertato e si era unito alle Brigate Partigiane Comuniste.
Il suo gruppo si trovava presso il rifugio di montagna dove erano rintanati la mia tata e i bambini. La notte, ogni tanto, i partigiani andavano a dormire nel rifugio, per scappare la mattina presto, prima che arrivasse la consueta perquisizione tedesca, con tanto di requisizione forzata di quasi tutto il poco che c'era da mangiare e ragazze nascoste sotto il letto, mentre l'anziana direttrice ripeteva "qui non ci sono donne, solo bambine".
A volte arrivava anche il medico delle truppe tedesche. Allora le ragazze potevano uscire. Un controllo veloce a tutti i bambini, somministrazione di quei pochi medicinali che aveva rubato ai suoi commilitoni, gli occhi bassi, velati, e l'italiano stentato che ripeteva "mi vergogno di essere tedesco".
Una notte, mentre la mia tata stendeva i fazzoletti rossi dei partigiani ad asciugare, di notte perchè i tedeschi non li vedessero, arriva suo fratello.
Domani a mezzanotte gli Alleati hanno organizzato un blitz per farvi uscire. Dovete prendere tutti i bambini, e attraversare il grande prato che vi separa dal sentiero che porta a valle, e per fortuna è coperto dalla montagna. Noi e gli americani saremo là.
Bene, bene. Buon piano.
Tutto il giorno seguente è occupato dalla preparazione alla partenza. Si raccoglie quel poco che c'è, si istruiscono i bambini, si decide quali dovranno essere portati in collo, si riflette sul fatto che il prato è veramente ampio e ci vorrà molto tempo per percorrerlo tutto, fino al sentiero riparato. Si aspetta la mezzanotte.
E alle undici di sera arrivano i tedeschi.
Perquisizione.
E ora? Si spera che i tedeschi se ne vadano velocemente.
Siè. Hanno fame. Vogliono mangiare.
Nel frattempo è arrivato anche Aldo. Il fratello della mia tata.
"Siete pronte per scendere..." No, guarda, c'è un problema.
Mentre la direttrice trattiene i tedeschi, si pensa a cosa fare.
E a quel punto, il piano folle di Aldo: preparate loro da mangiare. Tutto quello che c'è.
Poi dategli tutto il vino che è rimasto. Io scendo a valle.
E' quasi mezzanotte e mezzo quando la mia tata gira nella porta la chiave della cucina, rinchiudendo i tedeschi, armati e ubriachi.
Si parte! Un po' in ritardo, ma si parte. Ci vorrà un'ora per percorrere tutto il prato, stando attenti perchè è buio e non si possono accendere luci, bisogna affidarsi solo alle stelle, e alla luna che, fortunatamente o disgraziatamente, è piena.
Sono quasi arrivate al limite del prato, mancheranno cento metri. Cento metri e poi c'è il burrone, davanti, e lateralmente il sentiero, protetto dalla montagna. Cento metri.
E con la luna piena si vede tutto.
Cominciano gli spari. Gli spari dall'alto. I tedeschi si sono svegliati.
E cominciano gli spari anche dal basso.
I partigiani e gli americani si sono accorti che i tedeschi si sono svegliati.
E in mezzo, una quarantina fra donne e bambini.
Teste basse e correre! Correre più veloci che mai, e fregarsene se si perdono i pochi bagagli, correre coi bambini per mano, correre e pregare, pregare...
Grazie a Dio, nessun ferito. E nessun morto.
Non era il 25 Aprile. Forse non era nemmeno il '45, ma uno degli ultimi mesi del '44.
Buon 25 Aprile!

4 commenti:

  1. Che bella storia, Marta, e quanto affetto nelle tue parole.
    Grazie per averla riportata.
    Roberta

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  2. Quella data è stata messa in mora dai politici attuali...purtroppo! Saluti da Salvatore.

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